Fagli un sorriso

Pedro prima di urlare si toglie la mascherina.

“Stop. Fermi tutti, basta così, vi prego. E quando dico vi prego vuole proprio dire con le mani giunte. Cosa ti succede, Antonio?”

Antonio si guarda intorno. Tutta la troupe al completo è presente, c’è perfino il trovarobe, che ha intenzione di chiedergli l’autografo per la figlia. “Sono le otto, Pedro, ho la schiena a pezzi. Voglio tornare a casa a innaffiare le peonie. Mi mancano moltissimo. L’abbiamo rifatto cento volte e non ti basta, io davvero non so come aiutarti.”

Anche Pedro si guarda intorno. Allarga le braccia, sbuffa, ride nervoso. “Lo sentite. Antonio è sempre Antonio, è vero che siamo stanchi, che fuori ci sono trenta gradi.” Va da Antonio, gli accarezza i capelli. “Sentimi bene, ti dicono che ti è morta la moglie mentre usciva dal salumiere, una macchina l’ha centrata in pieno e due etti di salame ungherese sono volati per aria e sono introvabili, va bene? Non solo, hai appena perso il lavoro, un lavoro ben pagato e non hai fatto nemmeno in tempo a dirlo a tua moglie e questo ti scoccia molto. Ma il tuo viso tutto questo non lo dice, Antonio.”

Antonio si slaccia la camicia. Parte qualche flash non autorizzato. “Lo credo bene, Pedro. Che espressione posso fare, con la mascherina sulla faccia? Strizzo gli occhi, sgrano gli occhi, chiudo gli occhi. Occhi, solo occhi. Abbiamo il virus in giro? Sì. Dobbiamo tenere la mascherina sul set? Sì. Cosa ti aspetti, Pedro? Hai un suggerimento? Se sì dimmelo, per il bene mio e delle mie peonie.”

Pedro chiama Pamela a gran voce. “Fagli una smorfia sulla mascherina. Prendi un pennarello nero e fagli una smorfia di dolore. Dài, si gira, un’ultima volta poi ce ne andiamo tutti a casa. Fagli una bella smorfia, con gli angoli all’ingiù. Motore… Azione!”

mascherina triste

“Fermi tutti. Tutti… Vi imploro, sono un uomo disperato. Siamo all’ultima inquadratura. Un primo piano. Lui è sul water, medita sulla sua vita, che è stata benevola. Insomma, il lavoro non l’ha ancora trovato, ma quella investita non era sua moglie, era la moglie del suo datore di lavoro, mi spiego? Cioè, l’uomo che l’ha licenziato! Come non esserne sollevati? E anche un pochino contenti, anche se non si può dire? Non siete tutti d’accordo? Fate sì con la testa, siete d’accordo con me, vero? E tu, Antonio? Non sei d’accordo? E allora non fare quella faccia da mascherina, andiamo, stasera affoghiamo nell’alcol, ma prima, Pamela, fagli un sorriso col pennarello rosso, dài. Non è un uomo felice, ora? Anche a loro, a tutti loro, a questo mortorio, passa da questi qui davanti, pitturali, voglio bocche che ridono, stiamo finendo, stiamo finendo bene.”

mascherina allegra

“Pronto, sono Pedro.”

“Pedro chi?”

“Il tuo regista. Ti ricordi di me? Ti ho portato a casa con lo chef, sul carro funebre del set. Erano le tre.”

“Sono morto?”

“Non ancora. Ti ringrazierò davvero solo alla fine della promozione, fino ad ora ti sei solo divertito.”

“Senti, Pedro, a proposito di promozione ho pensato una cosa. Ho pensato al titolo.”

“Non ti piace Chi ha visto la mia felicità?

“Te la butto lì. Sono sincero, è un po’ che ci penso.”

“Intendi da prima della sbornia?”

“Che ne dici di Salame ungherese? Non è il nocciolo della questione, alla fine? Cioè, se il salumiere è l’amante di lei e dopo l’incidente mortale tenta il suicidio con l’affettatrice e viene salvato dai lacci della mascherina che si impigliano nel motore, e allora rinsavisce e ripensa alla sua vita, agli sbagli che ha fatto…”

“Antonio…”

“Pedro?”

“Se facciamo la promozione con questo titolo, con l’idea del salumiere e della sua crisi, prova pensare a te, al tuo ruolo di protagonista. Vuoi che mi porti in giro il salumiere a promuovere il film? Pensaci, Antonio. Lui non ha il tuo fascino, ma non ha nemmeno bisogno che gli pitturino la mascherina con il pennarello. Mi sono spiegato, Antonio?”

 

Coccovìd

Sant’Eusebio al Porto Secco

L’emergenza virus che occupa le nostre case e la nostra vita non accenna a diminuire. Sant’Eusebio, un paesino di sedici abitanti, che sopravvive grazie alla pastorizia e all’allevamento, viene messo a dura prova, se mai ce ne fosse bisogno, proprio a causa del virus che da due mesi imperversa sullo Stivale. Un contadino che risiede qui da oltre settant’anni, Gustavo Amendola, testimonia il passaggio del flagello.

INTERVISTATORE: Ci racconti come siete venuti a conoscenza della presenza del virus nella vostra casa.

GUSTAVO: Nella casa per ora no, per fortuna, ma nel pollaio sì eccome. Si è accorta mia moglie; mia moglie si accorge sempre per prima delle cose, da quando si è amputata il dito ha come un sesto senso. Era il pollice che usava per fare l’autostop quando le ho dato un passaggio e penso sempre chissà se non aveva il pollice, che magari faceva l’autostop con un altro dito, chissà se mi sarei fermato, ma con il pollice l’ho conosciuta e sposata. Pollice galeotto!

INTERVISTATORE:  Quindi sua moglie grazie al sesto senso ha compreso una cosa terribile, no?

GUSTAVO: E pensare che il pollice non hanno potuto riattaccarlo, era andato perso! L’abbiamo cercato dappertutto, sotto il divano, dentro il letto, non si sa mai, qualcuno l’aveva appoggiato sbadatamente da qualche parte… E invece indovini, dove l’abbiamo trovato! Non indovinerà mai. Nostra figlia Rosie Lassie era lì nella culla a succhiarsi il pollice della mamma! Una tenerezza! Il pollice l’ho ancora, lo tengo sotto vetro, un po’ per ricordo, un po’ perché magari fra qualche anno scoprono come attaccare i pollici vecchi. Se vuole glie lo faccio vedere.

INTERVISTATORE: E sua moglie, con il sesto senso, quando è entrata nel pollaio, che cosa ha visto, o meglio sentito?

GUSTAVO: Cos’ha sentito? Che certe galline facevano coccovìd. Allora mi ha strillato Gustaaaaaa, Gustaaaa! Io mi sono spaventato, credevo che aveva perso un altro pollice, era terribile, pensavo già a un settimo senso, ma cosa me ne facevo?

INTERVISTATORE: E allora come ha reagito?

GUSTAVO: Sono andato a letto, perché ero stanco. La mattina dopo ecco sulla tavola un uovo. Io al mattino non sono al cento per cento, così l’ho guardato e poi ho continuato a fare i fatti miei, mettere su il caffè,  scaldare il risotto con lo stinco. Invece mia moglie mi dice di guardare bene. Le conosco bene le uova, dico. Ma lei mi dice di fissarlo per un po’. Ed ecco che a un certo punto l’uovo tossisce! Mi ha pigliato un colpo, perché non riuscivo proprio a immaginare un occhio di bue con la tosse.

INTERVISTATORE: E quindi in quel drammatico momento cosa ha pensato di fare?

GUSTAVO: Abbiamo le galline malate, mi fa mia moglie. Infatti quando le galline covano fanno coccovìd e io non ci ho mai fatto caso. Allora l’ho detto ai miei amici e anche le loro galline hanno questo problema, quindi abbiamo tutti le uova con la tosse e non possiamo portarle al mercato.

INTERVISTATORE: … (non gli vengono domande)

GUSTAVO: Adesso abbiamo pensato di far fare a nostre spese il tampone alle galline. Stiamo cercando anche mascherine per volatili.

INTERVISTATORE: Un momento difficile, dunque, per tutto il paese.

GUSTAVO: Paese? Mondo, un mondo difficile… Da quando è caduto il muro di Berlino il mondo non è più stato lo stesso. Ormai corre più forte di me, io in vita mia non ho mai avuto problemi con le mie galline. Ma è sicuro che non vuole vedere il dito di mia moglie?