Informazioni su Roberto Stradiotti

studi classici, bonsaista della domenica

Il sonetto di San Valentino

ciao, Robi alla seconda,

sono un ragazzo che ama una ragazza.

Questa ragazza fa il liceo classico e io ragioneria e fra qualche giorno è San Valentino. So che a prima vista non ci troverai nulla di strano, anche se i suoi genitori sì; mi guardano di traverso e lo so perché. Loro hanno una fabbrica e mio padre è operaio, ma non è per questo che ti scrivo.

Vorrei che tu scrivessi una poesia per me, perché per San Valentino a una ragazza che fa il classico non posso regalare una partita doppia. Vorrei dedicarle un sonetto, solo che buonanotte, non ho idea di cosa sia. Me ne ha parlato Laura, perché a Laura piacciono molto i sonetti. Laura è il nome della mia ragazza. Spero che tu sia capace di scrivere un sonetto, non conosco nessuno che possa scrivere sonetti. Conosco un poeta dialettale e un cantante country, poi c’è il mio vicino di casa, ma mi ha detto che scrive solo in endecasillabi e scusa lo sfogo, ma sono proprio disperato, perché so che un sonetto alla mia ragazza piacerebbe molto.

So che i sonetti piacciono molto anche a sua madre, magari se porto un sonetto non mi guarderà più in modo strano. La mia è morta, ma sono sicuro che anche a lei sarebbe piaciuto un sonetto, perché era una persona molto sensibile. Comunque, anche senza sonetti, mia madre non mi guardava mai in modo strano e ogni sguardo parlava e mi diceva cose belle.

Anche mia madre si chiamava Laura, ma Laura e Laura a parte il nome sono completamente diverse. Fisicamente, intendo.

Ti suggerisco quello che vorrei esprimere in questo sonetto, vale a dire che ti do una traccia e tu dovresti svilupparla. In questo sonetto voglio dire che vado per campi, perché io abito in periferia e per me è un attimo scendere e trovarmi in un terreno, che è proprietà privata e una volta il padrone voleva spararmi, ma questa è un’altra storia e magari, quando lavorerò, ti farò scrivere un sonetto a parte. Io quando cammino cammino piano, come sulle uova, perché guardo se c’è traccia di pneumatici, o stivali di cacciatori, che poi sono sempre i padroni del campo.

In un certo senso mi nascondo, scappo via, perché mio padre se mi guarda troppo in faccia qualche volta mi domanda qualcosa. Fa finta di niente, ma si vede lontano un miglio, che sono innamorato. Mangio di malavoglia e rido poco, per lo più sto chiuso in camera. Ormai lo sanno anche i muri, del mio tormento. E infatti, anche se scappo o mi nascondo, non scappo dal pensiero di Laura, nella mia testa non c’è che lei. Anche se vado dove intorno non c’è più nulla, nemmeno una casa, nemmeno un suono, quasi. E sulla cima di un monte o nel cuore di un bosco non starei meglio e sentirei il cuore martellare e non per paura.

Questo sonetto vorrei regalarlo il 13 febbraio o il 15, perché il giorno di San Valentino sarebbero troppo chiare le mie intenzioni. Fammi un preventivo, per favore. Considera che io studio e a mio padre finisce il contratto a fine mese e gli hanno già detto che non glie lo rinnoveranno.

Questa richiesta non è ancora arrivata, ma San Valentino si avvicina.

 

 

 

 

 

Sarò stato presidente

Caro ghostwriter Robialquadrato,

io non ho capito perché ti fai chiamare così, però ho pensato che il quadrato è sempre meglio della radice, perché uno si ingrandisce a dismisura e l’altra va a finire in niente. Almeno penso.

Mi aiuti a diventare presidente di Qualcosa? Cioè io presidente non lo diventerò mai, però se tu mi scrivi che ero presidente in un certo senso sarà vero, se dici che le parole fanno i mondi.

Io facevo palazzi, come Donald Trump, solo che ero muratore. Ma nella vita ho sempre sognato di essere qualcuno e alla fine essere presidente di Qualcosa è sempre una bella soddisfazione.

Devi scrivere che quando ero presidente di Qualcosa per prima cosa ho fatto innalzare muri di cioccolato e tanti gabinetti chimici lungo i confini, perché per entrare a Qualcosa uno il muro doveva mangiarselo e gli effetti erano immediati.

Poi, siccome Qualcosa non è tutto, come dicono le parole non può contenere tutto. Giusto? Allora ho sospeso il visto per i quarantenni, i bambini con i capelli ricci e i cani con pedigree. E le bisnonne, anche, di sangue indiano.

Però, al suono della campanella, tutti i giorni, anche loro potevano entrare a Qualcosa. Lì tutti facevano qualcosa, non proprio tutto, però producevano qualcosa e se qualcosa mancava costruivamo gabbie di cioccolato e ci mettevamo dentro i quarantenni e i cani eccetera per rimediare. Così sembrava a un certo punto che qualcosa equivalesse a tutto. E fuori dalle gabbie c’erano i wc.

Quando ero presidente di Qualcosa ho fatto tante cose, ho ridato la vista e la parola, che al giorno d’oggi non sono poco. E tu non puoi dirmi che esagero, perché non solo la mia presidenza è già passata, ma non c’è mai stata. Camminavo sulle acque ghiacciate senza mai cadere e viaggiavo sempre.

Nei miei viaggi vedevo muraglie e gabbie che non si potevano mangiare e io ti posso garantire che ho fatto il muratore per una vita, ma di queste cose non ne ho mai costruite. Qualche inferriata nelle case dei ricchi, forse.

E allora, come presidente di Qualcosa, dicevo la mia ai governi degli altri Paesi. Giusto, no? In quanto presidente potevo farmi sentire e non c’era nessun capomastro che potesse zittirmi. Comperate cioccolato e wc, dicevo, e meno ferro e mattoni. Che per ogni muro di mattoni ci deve essere in mezzo una finestra bella larga, dove si vede una spianata, dove gli abeti corrono verso il fondo per poi prendere il volo quando il terreno si impenna.

Mi guardavano male. E io ci rimanevo male. Forse è per questo che non ho fatto il presidente, per non rimanerci male. Però, dato che tu sei un ghostwriter, anch’io ho fatto il presidente, mettilo nero su bianco. E a un certo punto, quando le ambasciate non potevano più far nulla, io interrompevo il flusso di cioccolato da Qualcosa a tutto il resto del mondo. E allora erano loro a rimanerci male, perché le tavolette di laterizio svizzero al 99% non hanno sapore.

Se vuoi vengo a casa tua e ti costruisco una gabbia di cioccolato, così puoi scrivere con calma le mie memorie di presidente. In quanto al wc, penso che non ti manchi.

Questa email non è ancora arrivata, ma sono fiducioso.