Informazioni su Roberto Stradiotti

studi classici, bonsaista della domenica

Rosso Tiziano

stimatissimo Robialquadrato,

ti immagino alto, ma non troppo, con le gambe storte e con le orecchie e il naso color rosso Tiziano. Con i piedi molto lunghi, sempre coperti da fantasmini rossi e blu elettrico.

Immagino anche che quando scrivi ti escano delle parole azzurre e gialle, un giallo caldo, come quello che si usava per le automobili negli anni ’70.  È una mia impressione personale, l’impressione di un artista.

Vorrei da te una brochure, la faremo rossa e gialla. Con una pennellata rosso Tiziano che l’attraversa, una pennellata come una distrazione, un colore scappato di mano mentre ci si girava a salutare qualcuno.

Espongo a Roma, in aprile. Penso che sarà una delle mie ultime mostre. Non so se mi conosci, ho attraversato il parallelismo, l’ultrascientismo positivista, il periodo bianconero. Ora vorrei fare una cosa tematica, presentando al pubblico la mia ultima produzione, dove emerge un minimalismo che sfocia nel nichilismo organico.

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Il fatto è che non mi ero mai accorto di essere un minimalista, anche dentro gli altri periodi. Pensa che persino quando rifiutavo il colore, mi svegliavo una bella mattina e tiravo sulla tela due piccole pennellate di giallo e dopo ci mettevo dentro una briciola o una macchiolina di caffè zuccherato. Poi la mettevo da parte come una burla, uno scherzo che facevo a me stesso, alla mia vanità, solo adesso mi sono accorto che quella è in realtà la mia produzione più importante. Io sono quello!

Tanto per farti capire, sappi che per le mie tele uso solo un paio di grammi di giallo, blu e rosso veronese, il resto lo lascio fare alla tela grezza e a quello che ci appiccico sopra, per lo più minuscole particelle organiche.

Stanno spesso a sinistra e verso il basso, per aiutare la visione. Talvolta occorre una lente. Sono per lo più ricordi di vita. L’unghia di un alluce del 1981, oppure una mosca che uccisi a Tunisi nel 1970, con uno scacciamosche sporco di rosso Tiziano. Questa mosca si era posata sulla tela e io paf, la fissai per sempre, quasi in centro.

È un quadro molto famoso, l’avrai sicuramente visto sulle copertine di qualche libro di scuola. Intorno alla mosca è stampata la trama della rete di plastica, che avevo impresso con il colpo. Dell’insetto rimangono le ali, ben posizionate, e una macchiolina nerastra, simile a un guscio. Ho dovuto fare un trattamento conservante.

Ti dico queste cose giusto per darti un’idea, perché se accetti l’incarico dovrai scrivere queste piccole didascalie. Un altro richiamo che vorrei mettere nella brochure riguarda il quadro intitolato “Soffio”, dove ho incollato su fondo azzurro, colore molto limitato ovviamente, un fazzolettino al mentolo, intriso del muco del mio naso. È un’opera del 1987, in quel periodo mi era appena morto Ringo, il mio mastino, quindi sul fazzoletto ci sono anche delle lacrime, ovviamente invisibili.

Nel 1956 rifiutai uno dei biscotti che aveva cotto mia madre nel forno, però mi dispiaceva rimetterlo insieme agli altri, mi sembrava un sacrilegio, come mi sembrava un sacrilegio divorare un’opera di mia madre. L’ho sempre conservato ed è diventato un quadro 100 x 70, ma questo molto tardi, era il 1999. Mia madre ha fatto in tempo a vederla ed era molto orgogliosa, però non ho mai capito se di me o del suo biscotto, non è divertente?

Poi vorrei mettere un’ultima cosa, che mi piace molto, è un pelo di barba in un’ovale di tela grezza. Gli angoli sono sporcati con rosso Tiziano e ocra. Il pelo è bianco, è un’opera del 2013. Ho dovuto disegnare un piccola freccia (rosso Tiziano) per indicarlo, perché bianco su bianco, chi lo vede?

Come vedi sono un po’ disordinato nella mia esposizione, è per questo che ti chiedo aiuto. La mostra si chiamerà “Io” e chi la visiterà guarderà la mia vita, nelle sue parti più intime. Coglierà i miei sentimenti, i miei stati d’animo fossilizzati.

Naturalmente conto sulla tua collaborazione. E naturalmente sei invitato alla mostra.

 

Guida per il turista immobile

Intanto scusa se le mie parole non sono perfette.

Sono sul lontano pianeta e imparo le parole italiane guardando con le nostre lenti.

Sbircio i giornali e i compiti in classe e così imparo. E tutti noi a fare così. Vi vediamo, vi vediamo bene.

Io in particolare imparo la lingua perché sono a chiedere informazioni per una guida turistica. Ovvio che nessuno ora può partire e arrivare vivo da voi. Quindi scrivo una guida per il nostro turista che non parte, perché una guida così qui da noi non c’è.

Abbiamo la guida per i tragitti dell’aria, una guida per il cuore della terra, una guida per le zone senza popolo. Ma una guida per il turista immobile occorre proprio e mi porta molta ricchezza pochezza.

Alla fine è una guida che dice: se tu vai a Roma (ma non vai) vedi la grande arena. Noi vediamo bene la grande arena con le nostre lenti.

Se tu vai a Nuova York vedi la signora con la candela.

Se vai a Pechino vedi tantissimi viventi. E in ogni posto che vai con la guida (ma non vai) vedi esseri diversi, colori diversi, lingue diverse.

Paesaggi diversi, molto diversi. Avete piante che sanno vivere, noi le cose senza spine. Avete grandi torri fumanti per costruire cose, noi cose senza spine. Siete pieni di sostanze mobili che vi portano qui e là fino a impazzire, noi siamo pieni di cose senza spine.

E siamo immobili, o ci muoviamo pochissimo, perché andare da qui a là costa molta ricchezza pochezza. Si va nell’aria o nel cuore della terra ogni quattro, cinque vite, quando arrivano le tempeste. Per il resto, viaggiare è volgare. Da cattivi, se non hai un motivo di vita o di morte.

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Però leggiamo molto, sul nostro pianeta senza spine. Leggiamo così tanto che a un certo punto finiscono le storie e leggiamo quelle di altri. Le vostre, quelle dietro di voi, quelle sopra di voi. L’universo è pieno di storie e la guida che scrivo con il tuo aiuto è una storia mai letta. Mentre ti messaggio ho già letto diemila ottodue quadrangoli di storie. Uno dei vostri libri lo leggiamo con il tempo di un vostro passo.

Lune dopo lune, noi leggiamo. Anche noi abbiamo una luna, senza spine. Ci illumina di senso e così, invece di dare senso al tempo, diamo tempo al senso. Sviluppiamo un senso con la vita e finché il senso rimane, rimane la vita.

Ecco perché la guida per il turista immobile è molto importante. Perché tu vai veloce, sempre più veloce, e alla fine della scala della velocità esiste immobilità, il nostro credo senza spine.

Secondo me voi un giorno, col vostro credo della mobilità, troverete il modo di venire qui, con una guida tutta vostra per turisti veloci e avrete al momento un aspetto di chi sta bene perché più niente punge. Però sarete pazzi in breve, perché se i pianeti sono così lontani un motivo c’è. La diversità della materia fa la diversità dei viventi e passa una luna e poi un’altra fino all’infinito, forse, prima della unione perfetta fra immobilità e velocità.

Forse la nostra luna perde senso fino a diventare polvere senza luce, prima che abbiamo finito di leggere, noi, e di correre, voi.

Quanta ricchezza pochezza mi chiedi ora per scrivere una guida con me?

 

Duantacento euro + iva