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studi classici, bonsaista della domenica

Le galline di Castellucchio

Castellucchio Ovaiolo è un ridente paesino a 657 metri s.l.m.

Castellucchio è famoso per l’allevamento di galline e vanta anche un bar per galline, dove i bianchi non possono entrare.

La domenica delle palme, succede che le galline cominciano a sfornare uova di cioccolato, ovviamente non confezionate, ma con la sorpresa, anch’essa di cioccolato: un pulcino. Gli abitanti fiutano l’affare, di lì a poco tutto il mondo ne parla, tutto il mondo vuole l’uovo di Castellucchio, il pulcino di cioccolato è la sorpresa più ambita, anche se quella più prevedibile.

Gli animalisti insorgono, anche se appare evidente che un pulcino di cioccolato non diventerà mai una gallina di cioccolato, mentre un vecchio studioso, Niclaus Berginski, più volte candidato a vari nobel dall’età di otto anni, esulta e annuncia al mondo che a seguito del fenomeno della gallina di Castellucchio si può verificare come sia nata la gallina prima dell’uovo, altrimenti avremmo un mondo di cioccolato, con fiumi di cioccolato e qualche problema in più all’equatore, con savane simili a pantani.

Castellucchio ben presto non può tenere il ritmo delle richieste, così vengono importate galline dall’Eurasia, che però a Castellucchio continuano a fare uova normalissime. Solo le galline nate a Castellucchio sono capaci di produrre un uovo 99% cacao, oltretutto, anche se       la sorpresa è inspiegabilmente solo 72% cacao.

Il venerdì santo il presidentissimo dello Stato indipendente di Ananas manda un esercito e imbarca tutte le galline su un cargo, ma una volta giunti ad Ananas, i volatili sfornano uova normalissime. Il presidentissimo le condanna a morte per fucilazione e solo gli sforzi unificati delle diplomazie internazionali – e le proteste degli animalisti – impediscono la strage. In cambio il presidentissimo avrà una fornitura gratuita per un anno di caffè miscela arabica e un abbonamento a vita alla rivista di attualità e costume “Noi, il mondo e le strade a senso unico alternato”.

Le galline tornano a Castellucchio, accolte da eroi. Ci sono il presidente della Repubblica, del Consiglio, della Regione, il sindaco, la cittadinanza, mezzo mondo su una collina. Il peso di questo mezzo mondo fa abbassare la collina di Castellucchio di un centimetro virgola tre e da quel momento le galline tornano a fare normalissime uova, anche se a volte nell’albume si trova ancora qualche pulcino 72% cacao.

Gli animalisti insorgono contro Niclaus Berginski, che si rifugia in esilio nello Stato di Ananas e dove tuttora legge ad alta voce, durante la colazione, la rivista di attualità e costume, alla presenza del presidentissimo, il quale si limita a fare piccoli cenni con la testa, per sottolineare i passaggi a suo giudizio più significativi.

Anche le galline vanno in esilio volontario, perché per loro ormai la vita a Castellucchio non ha più senso e d’altra parte nessuno le vuole più vedere. Ricevono una pensione da reduci di fama e una volta la settimana vengono sottoposte a colloqui psichiatrici e partecipano a gruppi di sostegno e recupero. Le più deboli non ce la fanno, ma la maggior parte di esse trova una nuova ragione di vita nell’arte del volo a bassa quota, nelle comparsate televisive e nelle conferenze qui e là nel mondo, eccetto che nello Stato indipendente di Ananas.

Cuochi solitari

Racconta a quelli di giù, quelli a livello del mare, o persino sotto, che esistono posti bellissimi, che nemmeno immaginano.

Racconta che a 2037 metri sopra il livello del mare ci sono io. Quando apro la finestra vedo il cielo. Né tetti, né strade. E molti che fanno il mio mestiere hanno scelto come me: di cucinare ad alta quota.

Se quelli di giù hanno fame, e sono spiriti liberi, che vengano pure. Ci sono una strada nel bosco e una parete di roccia, e poi un sentiero di sassi, stretto come i tuoi piedi, che sembra piano, ma non arriva mai. Non è nulla, tutto questo, al confronto del cielo che si avvicina. E se uno arriva fin quassù, se rimane vivo, intendo, oltre alle parole degli spiriti – perché qui ti parlano – può sentire il profumo della mia specialità, la nuvola di polenta con agave trifolata.

Non che io sia nato quassù, ho abitato e lavorato a Milano e Parigi, New York e Toronto. Poi un bel giorno sono uscito di casa e respiravo male e quando camminavo sotto un grattacielo mi mancava il fiato. Poi, quando entravo in un parco, tutto passava. Ho preso medicine omeopatiche, droghe, mi sono lasciato infilzare dagli aghi cinesi, ho cercato di uscirne con l’ipnosi. Niente. Poi mi è venuta la claustrofobia, poi mi sono venuti gli attacchi di panico, poi l’ipertensione, la tachicardia, un principio di sordità.

Quelli di giù morivano come mosche, per mali sconosciuti e fulminanti. Per finire l’aiuto cuoco si è annegato nel minestrone perché un cliente era rimasto scontento della sua soupe. E così mi sono detto che era troppo, che dovevo cambiare aria.

Non avevo idea della meta, ho camminato per sessantadue giorni, quattro ore e venti minuti, con due o tre padelle sulla schiena, lo stretto necessario. Me le sono portate su durante l’arrampicata, mani nude sulla roccia, e se non fossi riuscito ad arrivare in cima, lontano da quelli di giù, tanto valeva che morissi anch’io.

E invece ci sono riuscito e di colpo ero guarito. Sentivo un fruscio lontano cento metri, il cuore batteva così lento che avevo paura che si fermasse, non avevo più traccia d’asma, nemmeno con il polline, con la polvere, con il detersivo per piatti. Non era bello ricominciare?

Da allora nel mondo di giù non ci sono più tornato. Il mio ristorante ha trenta posti e poco distante ho predisposto un piccolissimo rifugio. La vetrata della sala guarda a est, quindi si può fare colazione guardando l’alba. Scalatori professionisti mi portano le forniture. Non ci sono abitazioni, non ci sono chiese, si può dire che sono un cuoco prossimo al cielo e i miei piatti risentono della leggerezza dell’aria.

Ho pensato per settimane al nome del ristorante, poi l’ho chiamato Ernesto, che è il nome del ragazzo del minestrone e attenua la mia vocazione di cuoco solitario, il più alto del mondo (parlo di alta cucina in altitudine).

Puoi dire a quelli di giù che se riusciranno ad arrivare fin qui, non dico che capiranno il senso della vita, ma avranno modo di ragionare su molte cose, perché il tempo qui si dilata. È facile che una colazione diventi pranzo, poi cena. Arrivano spesso tempeste di neve, temporali improvvisi e si rimane prigionieri. E a questo punto uno capisce se appartiene a quelli di giù.