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studi classici, bonsaista della domenica

Che Natale sei? Quiz per conoscerti meglio

 

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Il Natale, si capisce che è Natale perché fa freddo. Ti alzi un giorno che fa molto freddo, butti in lavatrice il costume da bagno, vai in città e vedi le luminarie, allora capisci che arriva il Natale. Però, a pensarci bene, non sei sicuro di avere capito il significato del Natale, a parte i pacchi e i panettoni. Allora ecco un quiz su misura, molto classico, con tre risposte. La prevalenza di scelte A, B o C determinerà che Natale sei. Sei pronto? Hai bevuto il caffè? Hai fatto pipì? Hai risposto agli auguri? Comincia.

Situazione 1.

A) Parcheggio la macchina nel posto riservato ai diversamente abili anche se io non lo sono, perché per me la diversità è il concetto più importante e io sono diversamente disabile.

B) Imbratto con schiuma da barba il simbolo dei disabili sull’asfalto, così da creare un alibi alla mia coscienza.

C) Parcheggio nel posto riservato ai disabili, però se arriva un disabile gli indico cortesemente un posto libero, un po’ più lontano.

Situazione 2.

A) Sono favorevole al fatto che Santa Lucia tutte le feste le porti via, perché non è giusto che sia sempre la Befana a fare man bassa.

B) Io se Santa Lucia attraversa lo stretto cerco in tutti i modi di fermarla, perché non è giusto che rubi il lavoro a Babbo Natale.

C) Faccio parcheggiare Santa Lucia in un posto che non è riservato ai disabili, tanto non ci vede.

Situazione 3.

A) Vado alla messa di mezzanotte con la playstation.

B) Vado a messa all’una di notte e faccio finta di avere sbagliato orario per dare un alibi alla mia coscienza, poi cerco disperatamente un bar aperto.

C) Chiedo ai passanti dove si trovi la moschea più vicina, perché mi piace passare per anticonformista.

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Situazione 4.

A) Regalo una playstation per la messa di mezzanotte.

B) Non regalo niente sottolineando il fatto che trovo squallido e insulso fare i regali di Natale, preferisco riceverli.

C) Riciclo regali, fra cui un uovo di cioccolato fondente 99%, facendo notare che è Lindt.

Situazione 5.

A) Tiro il bidone al pranzo di Natale, mandando a dire che mi è venuta la colite spastica.

B) Telefono dicendo che non posso partecipare al pranzo di Natale, perché mi hanno beccato al posto riservato ai disabili e mi hanno portato in caserma per rendermi degno di un posto riservato ai disabili.

C) Non mi lavo per una settimana e poi vado al pranzo di Natale. Dopo un po’ dico, sicuro della comprensione dei presenti: “Beh, è meglio che vada a farmi una doccia.”

Situazione 6.

A) Faccio a gara con i tipi peggiori del quartiere su chi abbatte il maggior numero di luminarie.

B) Faccio a gara con i tipi peggiori del quartiere su chi ruba per primo il posto macchina a un disabile.

C) Faccio a gara con i disabili per rubare le luminarie ai tipi peggiori del quartiere.

Situazione 7.

A) A Natale siamo tutti più buoni, infatti vediamo molto fermento nelle tribù cannibali.

B) A Natale siamo tutti più buoni, infatti a Gennaio siamo tutti più cattivi.

C) A Natale siamo tutti più buoni, infatti, benché Santa Lucia sia stata arrestata per furto di feste, speriamo ancora nei regali della Befana.

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Situazione 8.

A) Per non fare gli auguri di Natale nego che sia Natale, fingendo uno stato confusionale dovuto allo stress lavorativo.

B) Faccio gli auguri di Natale poi scoppio a piangere, perché gli altri si sentano in colpa per avere ricevuto gli auguri di Natale e l’anno successivo non si offendano poi così tanto se non avranno ricevuto gli auguri di Natale e anzi si sentano un pochino sollevati.

c) Faccio gli auguri di Natale solo a quelli che si chiamano Natale, altrimenti quelli che si chiamano Natale non avrebbero per Natale la giusta attenzione, visto che gli auguri si fanno un po’ a tutti in modo indiscriminato.

Situazione 9.

A) Chiedo l’elemosina, perché non mi va di spendere soldi miei in regali.

B) Chiedo l’elemosina perché sono precario, mentre mendicare non è un lavoro precario e la cosa psicologicamente mi aiuta.

C) Rubo l’elemosina ai mendicanti, ma all’inizio della giornata, perché ho buon cuore.

Situazione 10.

A) Quando sono in un centro commerciale mi lamento perché nei centri commerciali c’è troppa gente.

B) Quando sono in un centro commerciale mi lamento perché sento troppe canzoni natalizie e vedo in giro troppi Babbo Natale.

C) Quando sono in un centro commerciale cerco di rapinare la cassa self service, minacciandola di rigare il display.

Situazione 10 + 1.

A) Quando sono in un centro commerciale a chiedere l’elemosina di mezzanotte faccio a gara con i peggiori tipi del quartiere per andare a farmi una doccia.

B) Imbratto con schiuma da barba il marchio Lindt, perché sono un anticapitalista contrario alla messa di mezzanotte.

C) Porto via le feste alla Befana poi scoppio a piangere, perché gli altri capiscano che se una festa non ci fosse già in partenza non ci sarebbe motivo di essere tristi.

 

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Ti piace il Natale, però preferisci il carnevale, perché a Natale non tutti gli scherzi valgono e a te invece piace la libertà d’azione.

 

 

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Il Natale è un supplizio e tu che non sei masochista, ma edonista preferisci festini hard e rave party.

 

 

 

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Adori il Natale, però preferisci feste primaverili ed estive, come il ferragosto e la festa dei lavoratori.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Postino sport

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Il postino è uno dei mestieri più belli e pericolosi del mondo.

Più bello che fare l’attore, dove uno finge. Più bello che fare il politico, dove uno finge.

Più pericoloso che lo stuntman o il freeclimber. Il postino ha due ruote che obbediscono non a lui, ma alle leggi della natura. Al bagnato, alla sabbia, al ghiaccio, alle pietre acuminate.

Una volta esistevano vari tipi di postini, il bulimico, l’apatico, il sognatore, il viaggiatore. Si chiamavano portalettere, indossavano una cravatta e giravano con una borsa di cuoio. Erano parte integrante del quartiere, monumenti di carne temuti e riveriti; conoscevano ogni tegola, ogni vite, ogni sospiro di ciascuna persona innamorata, morente, nascosta nell’ombra per paura o pazzia. Le lettere portavano il francobollo con la faccia di Togliatti o le fontane di Roma e un bel timbro nero con una data scolpita a imperitura memoria. Erano lettere desiderate e attese. Erano lettere cariche d’amore o minacciose. I bambini al suono del campanello esultavano, il mondo entrava dentro le loro case, con carta e inchiostro. I filatelici attendevano i portalettere all’ultimo piano dei palazzi. erano vestiti di nero, con i collant della moglie infilati sul volto; aspettavano ore sotto il sole per inquadrare il portalettere nel mirino di un Dragunov rimediato al mercato nero, solo per arricchire di tre francobolli la loro collezione di una vita.

I portalettere ignari respiravano i profumi dei gelsomini in fiore, rimpiangendo vite mai vissute o le loro terre lontane, Sicilia, Calabria, sognando barchette di carta da lettera a solcare le onde.

I portalettere ignari si fermavano a mangiare la porchetta, la polpetta, altri cibi che finivano con etta, perché il mondo girava lento, ventiquattr’ore duravano trentasei e c’era tempo per tutto, anche per le chiacchiere e l’amore.

I portalettere ignari portavano notizie e portare notizie era una missione riservata al dio alato. Nelle lettere erano rinchiusi misteri, segreti, speranze. Nel primo pomeriggio il portalettere depositava le ali del dio ancora immacolate nel proprio armadietto e diceva ai colleghi: “A domani!” Dove domani era un giorno come oggi e come ieri, dove il mondo era fisso e immobile e piatto.

Poi il mondo si è messo a girare più veloce. Il portalettere si è trasformato in postino, che è un nome più breve e leggero, ha lasciato a casa la cravatta, che riduce la velocità. Si è dotato di un fisico bestiale per far fronte allo smog, alla grandine, alla neve, al sole senza il filtro dell’ozono. Il postino viaggia con sette orologi, perché ha la mentalità del pilota, deve finire il giro con il tempo migliore, rosicchiando secondi.

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Cielo e terra si confondono alla sua vista, le case verdi sono alberi con finestre, i portoni dei condomini dogane fitte di misteri. La gente arriva e se ne va, lasciando i propri nomi sui campanelli. Dove ieri abitava Giulio Cesare, oggi dimora un triumvirato. I cecchini hanno abbandonato i tetti, perché i francobolli stanno scomparendo, così come le monete. Il postino infila giornali in cassette arrugginite e taglienti, montate al contrario all’interno dei cancelli, coperte di rovi spinosi, strabocchevoli di posta vecchia e di offerte scadute. La gente non ha più voglia di ricevere lettere, né di aprirle, perché non c’è più sorpresa, né attesa. Il postino conosce a memoria i nomi, a uno a uno, ma dietro i nomi non c’è nessuno.

Poi, all’improvviso, qualcuno gioisce per un pacco arrivato prestissimo, oltre ogni speranza, un libro ordinato su Amazon, che spiega come vivere sani fino a 100 anni. Sebbene il pensiero del centounesimo anno metta comunque un po’ di ansia, per un attimo il postino torna dio, con i calzari alati e messaggi di altri dei che lo incitano: “Presto, presto, una pace o una guerra dipendono da te!” Con la speranza di vincere un giorno il nobel, il nostro eroe ritorna alla base, vuoto di missive e di pensieri, senza più chiedersi, fino al giorno dopo, quanto tempo dureranno ancora i messaggeri.

I messaggeri dureranno per sempre, finché ci sarà merce di scambio. Magari non si chiameranno più postini, ma atleti, capaci di coprire lunghissime distanze in brevissimo tempo, portando a destinazione schede elettroniche di astronavi, mele del Trentino, cuori da trapiantare e uno fra mille o diecimila, scritti ancora con la biro, obsoleti messaggi di pace.